08 novembre 2006

Principio di ragion sufficiente

Questo principio, ribadito con forza da G.W. Leibniz nel 18° secolo, afferma che "tutto accade per una ragione" ma non solo: se qualcosa è vero, deve essere vero per una ragione.
Questo implica delle pesanti conseguenze, sostanzialmente l'affermazione della validità della
metafisica.


Ho letto un interessante articolo sul numero di Maggio 2006 della rivista Le Scienze dal titolo
“I limiti della ragione” di Gregory Chaitin, da cui prendo qualche spunto per le riflessioni che vi presento.

La logica moderna, dalla notissima "prova di Gödel" con il suo Teorema di incompletezza, afferma che ogni sistema assiomatico auto-consistente in grado di descrivere l'aritmetica dei numeri interi ammette proposizioni logiche sugli interi che non possono essere dimostrate né confutate a partire dagli assiomi.

Quindi, esistono degli assiomi che sono delle "verità prime" da cui si parte e che sono per loro natura non dimostrabili. Lo stesso Gödel ha dimostrato, in un compatto libretto, la prova logica della "esistenza di Dio".

Ciò significa che davvero Dio esiste?


A volte, nella confusione e nel caos della vita, nella marea a nel flusso contingente della storia umana, è difficile credere all'esistenza di una ragione trascendente. Ma – afferma Leibniz – anche se non sempre cogliamo una ragione (forse perché la catena del ragionamento è lunga e sottile), Dio la coglie. Essa è là. In questo, egli era in sintonia con gli antichi greci.

I matematici, che cercano sempre di dimostrare tutto, certamente credono nella ragione e nel principio di ragion sufficiente di Leibniz. A prescindere dal numero di prove a favore di un teorema – per esempio, un milione di esempi dimostrati – i matematici esigono una dimostrazione del caso generale. Nulla di meno potrà soddisfarli …

Il concetto di “assioma” è strettamente correlato all’idea di irriducibilità logica. Gli assiomi sono fatti matematici che assumiamo come autoevidenti e che non sono dimostrabili a partire da principi più semplici. Tutte le teorie matematiche formali iniziano da assiomi, da cui deduciamo poi le conseguenze, cioè i teoremi (classico esempio la geometria euclidea)

Le dimostrazioni sono un’ottima cosa: il semplice fatto che alcune affermazioni siano irriducibili non significa che dovremmo abdicare all’uso del ragionamento. I principi irriducibili, cioè gli assiomi, sono sempre stati una parte della matematica: peccato che è dimostrato che gli assiomi sono molto più numerosi di quanto si supponesse.

Può darsi, allora, che i matematici non debbano cercare di diomostrare tutto e che, talvolta, dovrebbero limitarsi ad aggiungere nuovi assiomi. E’ ciò che si dovrebbe fare in presenza di fatti irriducibili, il problema è capire che davvero siano irriducibili … affermarlo significa arrendersi, affermare che non potrà mai essere dimostrato. Ma i matematici non sono disposti a farlo facilmente. A differenze dei colleghi fisici, fieri del loro pragmatismo e di sostituire alla dimostrazione rigorosa un ragionamento plausibile. I fisici sono disposti ad aggiungere nuovi principi, nuove leggi scientifiche, per comprendere nuovi domini dell’esperienza. Ma allora la matematica è come la fisica?

Nella visione tradizionale, matematica e fisica sono piuttosto diverse. La fisica descrive l’universo e dipende dagli esperimenti e dalle osservazioni. Le leggi particolari che descrivono il nostro universo – dalle leggi del moto di Newton al modello standard della fisica delle particelle – devono essere determinate empiricamente e poi asserite come assiomi, che non si possono dimostrare logicamente ma solo verificare.

Viceversa, la matematica tende a essere quantomai indipendente dall’universo. Risultati e teoremi – come le proprietà dei numeri interi e dei numeri reali – non dipendono dalla particolare natura della realtà in cui ci troviamo. Le verità matematiche sarebbero vere in qualsiasi universo.

1 commento:

Anonimo ha detto...

good start